Il marketing legale è una disciplina in rapida evoluzione e MOPI, l’associazione che raggruppa i responsabili marketing, comunicazione e business development dei maggiori studi italiani e internazionali, ne sa qualcosa.
Da quando è nata, MOPI è attiva nel networking tra professionisti del mondo legale e si è ritagliata un posto di tutto rispetto tra gli addetti ai lavori, organizzando incontri informativi e formativi e collaborando con realtà autorevoli, tra cui l’International Chamber of Commerce – ICC con cui di recente ha creato un vero e proprio percorso di aggiornamento professionale.
Tra le tante iniziative, MOPI realizza una survey annuale che descrive lo stato dell’arte della comunicazione e del marketing legale. La ricerca più recente, presentata a fine 2018, sottolinea la necessità degli studi, grandi o piccoli che siano, di avvalersi di figure che si occupino di marketing in maniera continuativa e strutturata. Inoltre, si sente l’esigenza di un maggior coinvolgimento e lavoro di squadra tra il management e la funzione.
I grandi studi fanno sicuramente da apripista, essendo dotati di un numero maggiore di professionisti in house e demandando solo in alcuni casi alle agenzie esterne di PR/marketing le attività di ufficio stampa, sviluppo grafico e la realizzazione di brochure. Alcuni di essi hanno dipartimenti interni dedicati con più di 10 persone, mentre in media i team che si occupano di comunicazione, marketing e new business sono di 4-6 professionisti. In generale, cresce con fatica il numero di professionisti provvisti di autonomia di budget, presupposto quasi indispensabile per il riconoscimento formale dell’attività.
Perché il marketing legale suscita tanto interesse? E’ un settore giovane, che presenta ampi spazi di crescita. Negli ultimi anni, una serie di liberalizzazioni della professione hanno consentito anche agli studi legali di comunicare se non alla pari, almeno avvicinandosi molto a quanto fanno le aziende. Il decreto legge Bersani 223/2006 è considerato da chi lavora nel settore come uno spartiacque poiché ha abbattuto molti dei vincoli alla pubblicità della professione. Resta comunque tutta una serie di paletti che vanno presi in considerazione.
I comunicatori che vogliono puntare su una law firm devono fare attenzione. Il marketing legale va maneggiato con cura. Per evitare di commettere gaffe ed errori imbarazzanti, bisogna “studiare” il legal, sapere come lavorano gli avvocati, come è organizzato lo studio e, soprattutto, sapersi muovere nelle strette maglie della deontologia professionale. Avere una chiara consapevolezza di cosa non si deve fare aiuta a parlare la stessa lingua del professionista ed essere credibili nella scelta delle linee di comunicazione.
Con l’affermarsi del digitale si aprono nuove possibilità. Non c’è una ricetta che vale per tutti, ma se si lavora con determinazione e costanza i risultati non tardano a venire. Fondamentale è avere le idee chiare sugli obiettivi da perseguire. Ciò renderà più semplice la creazione di un piano integrato di marketing che coinvolga più leve possibili. Oltre a gestire le tradizionali attività di ufficio stampa, l’organizzazione di eventi, la stesura di guide legali – le tanto temute directory internazionali – e la preparazione di presentazioni e pitch (è ancora bassa, meno del 29%, la percentuale del coinvolgimento degli addetti del dipartimento negli incontri con i clienti), il comunicatore legale deve saper trattare con i social media.
Un’opportunità da non perdere per chi svolge una professione basata in gran parte sulla costruzione di una forte reputazione professionale. La gestione dei canali social di studio è passata dal 69% nel 2015 al 92% del 2018. Se alcuni anni fa il sito era necessario in quanto vetrina, oggi non solo è diventato una commodity – chi non ha un sito praticamente non esiste – ma è una delle tante leve, neanche la più importante, per creare web reputation. Nel piano di comunicazione dello studio si impongono i social (prevalentemente LinkedIn, ma anche Facebook, Instagram e altri, in funzione delle specifiche attività dello studio e dell’opportunità di “esserci”) che richiedono un piano editoriale e content marketing ad hoc. Il successo digitale degli studi legali si può forse spiegare con la grande affinità tra gli obiettivi di uno studio/avvocato e i risultati della comunicazione sui social: accrescere visibilità, reputazione e personal branding.
Una corrispondenza di intenti che non è passata inosservata ad alcuni pionieri del settore, tanto che si comincia a parlare di mini legal influencer e c’è già qualche stella che brilla.