Non sempre il marketing e la pubblicità guardano al futuro. Tanti brand giocano all’operazione nostalgia e danno una seconda vita a prodotti, personaggi o fenomeni del passato. Con risultati niente affatto deludenti.
Lo sa bene la moda, che con il vintage ha fatto scuola. Complice il revival degli anni ’80 e dei paninari, sono tornati sulla scena marchi che erano spariti da un po’, da Champion a Roy Rogers, fino a Stone Island che è diventato un must have per molti rapper della nuova generazione.
Il marketing della nostalgia corre veloce al cinema e in TV, dove nell’ultimo anno alcuni ricercatori hanno contato ben 34 tra remake, sequel e spin off di vecchi film e serie televisive. Produzioni come Blade Runner 2049, la saga di Jurassic World, il ritorno di Magnum P.I., la rivisitazione di trasmissioni che fanno parte della memoria collettiva come Rischiatutto o La Corrida, indicano che molte volte è più facile (e remunerativo) riproporre un format consolidato, piuttosto che inventarne uno nuovo.
Nel settore alimentare ci sono prodotti che non tramontano mai (la Coca-Cola, il Cornetto Algida, la Nutella), altri che vanno e poi ritornano. Ricordate il Winner Taco? Il gelato, che alla fine degli anni ’90 aveva venduto quasi 40 milioni di pezzi, fu ritirato dal mercato nel 2002 perché ritenuto poco affine ai gusti del periodo. Qualche anno dopo i consumatori nostalgici cominciarono a chiedere il rilancio del prodotto, finché il successo della pagina Facebook e della campagna virale “Ridateci il Winner Taco”, seguita da più di 12mila utenti, convinse Algida a tornare sui propri passi. Anche Mulino Bianco, pressata dai fan del Soldino, nel 2010 concesse un’edizione limitata della merendina icona degli anni ’80 e ’90, per poi pubblicarne la ricetta per prepararla in casa.
Perché l’operazione nostalgia funziona? Secondo alcuni psicologi del marketing, il passato è innanzitutto evocativo di un mondo migliore, più pulito, dove la frutta sapeva di frutta e non c’erano tutti i problemi che abbiamo oggi. Scavare nel ricordo – epurato da ogni elemento negativo – è quindi efficace perché getta l’ancora del marchio in un porto sicuro, dove più verosimilmente ottiene fiducia e consenso da parte delle persone, indipendentemente dal fatto che abbiano vissuto o meno la stagione in cui il prodotto originale ebbe successo.
Dal punto di vista dello storytelling, la strategia rétro permette di avere a portata di mano una storia da raccontare, in cui molti interlocutori potranno senza fatica riconoscersi. Vince, in questo senso, la capacità di arricchire quella storia e rivisitarla in chiave contemporanea – tipicamente, con l’aiuto della tecnologia digitale e dei social. Così ha fatto Nintendo nell’estate 2016 con Pokémon Go, trasformando i personaggi creati intorno alla metà degli anni ’90 in una mobile app dove si gioca con la realtà aumentata. Tornati a essere un fenomeno planetario in meno di 48 ore, i Pokémon hanno raggiunto e superato in questi giorni il traguardo degli 800 milioni di download.
Se i risultati arrivano, resta forse il rimpianto di non riuscire a creare qualcosa di nuovo e dirompente. Ma, in attesa di trovare l’idea perfetta, si può sfogliare la memoria e cercare di premere il tasto giusto.