robo-journalism
25 Settembre 2018
Intelligenza artificiale in punta di penna

I robot possono montare, spostare, impacchettare, fare lavori pesanti, sostituire l’uomo nelle mansioni più ripetitive o pericolose. Ma non possono supplire all’intuito di un giornalista, il genio creativo di uno scrittore, l’intensità emotiva di una buona sceneggiatura. O forse sì?

In campo editoriale l’intelligenza artificiale (AI) è già stata ampiamente sperimentata, con risultati tutt’altro che deludenti. È ad esempio un software di robo-journalism che produce in pochissimi minuti la gran parte dei lanci di Associated Press sui bilanci trimestrali delle aziende quotate. La redazione ha stimato che la frequenza degli errori è notevolmente diminuita da quando il sistema è operativo, nonostante il numero di pezzi sia aumentato di oltre dieci volte.

Jeff Bezos ha introdotto l’AI al Washington Post nel 2016, usando la tecnologia proprietaria Heliograf per produrre centinaia di articoli legati alle Olimpiadi di Rio e poi alle elezioni presidenziali USA. L’idea è, in questo caso, non solo quella di automatizzare la stesura di una certa percentuale di pezzi, ma anche di liberare i giornalisti dall’incombenza di analizzare dati e fonti su cui costruire le inchieste più importanti o i servizi di maggior richiamo.

E se l’AI fosse capace di girare un film? Un esperimento interessante lo ha fatto IBM, usando Watson per creare un trailer di tre minuti con cui promuovere il thriller Morgan. Il sistema ha analizzato centinaia di film horror, finché l’algoritmo non è stato in grado di capire quali scene, personaggi, atmosfere trasmettano il senso di paura – e selezionare di conseguenza le sequenze più impressionanti di Morgan. Il prodotto finale ha centrato perfettamente l’obiettivo.

Si tratta di un trailer, siamo dunque ancora lontani da opere complete elaborate da una macchina. Tuttavia, se il vostro sogno è quello di scrivere o pubblicare un libro, è già disponibile un algoritmo – lo hanno sviluppato negli USA un agente e un esperto di text mining – che sa predire quali romanzi diventeranno best seller con un’accuratezza pari all’80%. I calcoli preventivi fatti su alcuni lavori di J.K. Rowling o James Patterson avevano dato oltre il 90% di probabilità di successo. Se chiedete all’algoritmo qual è l’ingrediente segreto, vi dirà che nel 30% dei casi la trama è concentrata intorno a uno, massimo due temi, in modo da non disperdere le energie e l’attenzione del lettore.

Ci sono algoritmi super efficienti per creare l’incipit perfetto, oppure superare il blocco dello scrittore grazie a tecniche di machine learning o chiedendo aiuto a reti collaborative. Altra possibile applicazione è quella di usare l’AI per contribuire alla stesura dei sequel di opere molto strutturate, come Il Trono di Spade o Star Wars. Si tratta qui di passare al setaccio migliaia di pagine e immagini per elaborare nuovi sbocchi narrativi o intrecci inediti.

Benché il computer non sia ancora pronto per mandare in pensione giornalisti, sceneggiatori e romanzieri, produrre uno storytelling di qualità è una delle prossime sfide dell’intelligenza artificiale. E il confronto tra uomo e macchina potrebbe riservare qualche sorpresa.

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