Opere pubbliche e impianti industriali non parlano da sé. La comunicazione – se onesta e trasparente – aiuta a costruire una relazione costruttiva con gli stakeholder e le comunità locali, vincendo la loro resistenza.
Quando va bene evocano rumore, polvere, traffico in tilt. Quando va peggio portano con sé proteste, polemiche, tangenti, scandali. I cantieri sono dei non-luoghi per antonomasia, da (mal) sopportare per il tempo necessario alla realizzazione dei lavori, in alcuni casi da osteggiare apertamente con l’obiettivo di affossarne il progetto.
Nel 2017, in Italia sono stati contestati 317 cantieri, di cui 80 nuovi e ben 237 già sotto accusa negli anni precedenti (fonte: Nimby Forum). Si tratta soprattutto di impianti energetici, ma anche siti per il trattamento dei rifiuti e opere infrastrutturali. Numeri rilevanti che, alla luce di esperienze come la TAV sulla ferrovia Torino–Lione o il gasdotto TAP, ricordano quanto il coinvolgimento delle comunità locali sia importante quando si progettano e poi realizzano opere pubbliche di una certa dimensione e complessità.
Il cosiddetto Dibattito Pubblico è peraltro un obbligo sancito dalla legge: dalla scorsa estate, anche in Italia è ineludibile l’avvio di un processo di partecipazione e confronto, della durata di almeno quattro mesi, per le opere di valore superiore ai 200 milioni di euro. Dall’elaborazione del progetto di fattibilità, quando le alternative sono ancora aperte, tutti i soggetti interessati dalla costruzione di autostrade e strade extraurbane, ferrovie o aeroporti, ma anche siti industriali o infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo o turistico, devono quindi essere adeguatamente informati e consultati.
La verità è che, al di là dell’obbligo normativo, l’opposizione a un’opera – sia essa pubblica o privata – può costare molto caro in termini di allungamento dei tempi dei cantieri e aggravio dei relativi costi, aumento della conflittualità politica e sociale, nonché ritardo degli iter autorizzativi, con la maggior probabilità che i lavori finiscano per essere bloccati del tutto. Facendo scappare anche i potenziali investitori, come accaduto ad esempio a Trieste con Gas Natural, a Brindisi con British Gas, a Verona con Ikea.
Sotto i riflettori non finisce soltanto l’opera in sé, bensì la reputazione di chi la propone, la sostiene e la realizza. Questa reputazione si costruisce con un buon progetto tecnico e cantieri gestiti in modo impeccabile, ma anche “con elementi immateriali come la relazione aperta con il cittadino, la trasparenza delle azioni amministrative, il dialogo costruttivo con gli stakeholder”, ha spiegato Luca Montani di MM durante l’incontro La città che cambia, la scorsa settimana alla Centrale dell’Acqua di Milano. “Committenti, operatori e portatori d’interesse devono riconoscere che la reciprocità è necessaria, devono essere onesti e avere fiducia gli uni negli altri”.
Entra dunque in gioco la comunicazione per dare forma a una storia inclusiva e coinvolgente, che parta ben prima dell’inizio dei lavori (“Prima la storia, poi i cantieri”, ha chiosato Montani). Il cuore dello storytelling è lo scopo dell’opera, l’unico elemento che può dare senso al cantiere ed esprimere la visione che si intende realizzare, tenendo conto delle esigenze delle persone e accogliendo la loro resistenza: la prospettiva di raggiungere l’aeroporto di Linate in 15 minuti e risparmiare 30 milioni di spostamenti in auto ogni anno può, ad esempio, mitigare il disagio di un cittadino milanese rispetto ai cantieri della futura metropolitana M4.
La comunicazione ha a disposizione un ampio ventaglio di strumenti, tanto analogici quanto digitali: dalle cesate di cantiere agli eventi aperti al pubblico, dalle visite in loco alle media relations, passando per il web e i social. L’obiettivo di questa narrazione transmediale è il governo della percezione, ovvero la gestione della visibilità dell’opera e, al tempo stesso, di tutte le interpretazioni e azioni che da essa potranno scaturire. Tema delicatissimo, che si intreccia con la necessità di contrastare eventuali fake news, nonché essere pronti ad affrontare possibili situazioni di crisi, comunicando bene nella fase di emergenza, ma soprattutto “tenendo aperta la relazione con gli stakeholder perché non venga meno la loro fiducia”, come ricordato da Daniele Chieffi di AGI Factory nello stesso incontro.