Cartolina da Singapore

Non tanto per l’efficacia delle cure o del sistema sanitario. Rispetto al Covid-19, Singapore è il modello a cui molti Paesi guardano per la buona comunicazione fra istituzioni e cittadini.

A fine gennaio, quando sono stati confermati i primi casi di Covid-19, il pensiero è corso subito alla SARS del 2003 o l’influenza suina del 2011. A Singapore si è diffuso il panico e non sono mancate le corse ai supermercati, presi d’assalto per fare scorta di noodle. Eppure, è bastato poco per riportare la calma, nonostante la città-stato fosse, a metà febbraio, l’area più colpita dal virus al di fuori della Cina.

Tuttora l’emergenza non è risolta, ma la comunicazione ha giocato e continua a giocare un ruolo decisivo per sostenere la risposta delle istituzioni. Singapore è una realtà tutto sommato piccola (solo 5,6 milioni di abitanti), ma nient’affatto semplice. Intanto la densità della popolazione è elevatissima, con quasi 90% delle persone che vive in grattacieli, e la convivenza tra etnie e religioni diverse non è sempre pacifica. Altri fattori di complessità sono i numerosi dormitori dove si concentrano migranti e lavoratori, e il fatto di essere uno dei principali scali aeroportuali del sud-est asiatico.

Come sintetizzato dal professor Jeremy Lim della National University of Singapore, ospite della Coronavirus Speaker Series del Global Resilient Cities Network, la strategia governativa per fronteggiare il Covid-19 ha visto tre linee principali d’intervento: la piena continuità dei servizi essenziali, l’introduzione di misure rigorose di distanziamento sociale (senza tuttavia un vero lockdown), il potenziamento del sistema sanitario e l’immediato tracciamento dei contagi attraverso l’applicazione TraceTogether.

Il piano, al momento in vigore fino al 20 giugno per tutto il Circuit Breaker Period, è stato rivisto e adeguato all’evolversi della pandemia. “Serve creatività per risolvere i problemi via via che si presentano”, ha commentato Lim. “Il Covid-19 è una ‘nuova guerra’, che richiede nuove soluzioni da trovare in tempo reale attraverso l’esperienza, anche degli altri”.

Al netto dell’efficacia della sanità, possiamo dire che la risposta non sia stata particolarmente innovativa rispetto a quella di altri Paesi. Cosa allora ha funzionato meglio che altrove? Merita attenzione la comunicazione pubblica, fin dalle prime ore improntata a trasparenza, semplicità ed estrema chiarezza. Ne è un esempio il video-messaggio con cui il primo ministro Lee Hsien Loong ha invitato tutti a “restare uniti e risoluti nell’emergenza”, e soprattutto “sereni nel proseguire le nostre vite”. Oppure le indicazioni con cui il Ministro dell’Istruzione ha motivato la scelta di tenere aperte le scuole con specifiche misure di igiene per tutelare alunni e docenti.

Singapore non è sicuramente immune dalla disinformazione e le fake news, ma la task force voluta dal governo è riuscita a mitigarne gli effetti diffondendo informazioni in modo capillare via WhatsApp, tradotte nelle quattro lingue ufficiali. I fumetti creati ad hoc con il Professor Fisher hanno poi aiutato nel de-bunking, facendo circolare consigli e suggerimenti pratici per prevenire il contagio o gestire l’infezione.

Le autorità hanno accompagnato ogni comunicazione – soprattutto le più critiche – con dei ‘social nudge, avendo cura di favorire il coinvolgimento attivo delle persone invece di ventilare punizioni. I media hanno fatto la loro parte, con titoli e toni quasi sempre misurati, aderenti ai fatti. Basta dare un’occhiata alle infografiche dello Straits Times, la testata più diffusa, o i pezzi di Today Online e Mothership Singapore per cogliere lo spirito con cui l’informazione relativa Covid-19 è stata gestita.

Difficile pensare di esportare il ‘modello Singapore’ così com’è, sia perché la maggior parte dei Paesi occidentali (Italia inclusa) non ha caratteristiche assimilabili in termini sociodemografici o economici, sia perché manca un presupposto fondamentale, ovvero un ambiente culturale che privilegia il rispetto delle regole e l’interesse collettivo.

È tuttavia interessante notare che la comunicazione pubblica ha funzionato a Singapore perché si è inserita in un contesto in cui la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni è elevata – lo conferma l’ultima edizione dell’Edelman Trust Barometer, pubblicata prima della pandemia.

E questo ci riporta a una delle ‘regole d’oro’ del reputation management: la credibilità di un’organizzazione, pubblica o privata che sia, si costruisce nel tempo attraverso comportamenti e azioni, da valorizzare (non sostituire!) con una buona comunicazione. Chi agisce correttamente e comunica in modo efficace riesce a conquistare la fiducia delle persone e diventare un punto di riferimento, aggregando intorno a sé consenso e partecipazione.

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